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08 Febbraio 2008

Prevedere se stessi

L'uomo, in quanto soggetto nel quale alberga una personalità razionale e sentimentale, non sa mai come si comporterà nel futuro, anche se questo futuro dovesse essere molto vicino. Quindi, l'uomo è incapace di prevedere il suo stesso comportamento. All'interno della nostra personalità si disputa un incessante lotta tra i più svariati pensieri.

Pensiamo ad una grande spugna che assorbe una quantità enorme di liquidi di diversa natura e colore. Alcuni di questi liquidi sono perfettamente miscibili tra loro, altri invece restano separati. Ora, se prendiamo la spugna e la imbeviamo di acqua e olio, questi due liquidi assumeranno delle diverse posizioni all'interno della spugna. Immaginiamo che non siamo stati noi a inzuppare la spugna, ma qualcun altro che decide di darcela per presentarci una domanda: se spremi la spugna, quale liquido uscirà per primo?
A questa domanda non siamo in grado di rispondere perché 1) non sappiamo che tipo di liquido quel signore c'ha messo dentro, 2) non conosciamo la quantità di ogni singolo liquido contenuto nella spugna, 3) non sappiamo la posizione da esso occupata, 4) non siamo in grado di dedurre come l'elasticità della spugna sia variata a secondo del tipo e della quantità di liquido in essa contenuta, 5) non conosciamo le proprietà della spugna. Così, solo dopo aver strizzato la spugna, sappiamo cosa esce fuori.

La spugna è il nostro cervello o la nostra personalità, ovvero il nostro modo di agire, prendere decisioni e pensare. I liquidi sono tutte quelle «informazioni» che, in ogni istante della nostra vita, riceviamo sia dal mondo esterno, sia dal nostro interno (il cosiddetto sesto senso). I liquidi miscibili tra di loro sono quelle informazioni collegabili in maniera razionale e che, quindi, non si contraddicono vicendevolmente. I liquidi immiscibili sono le informazioni in opposizione, ovvero quelle tali che se è vera l'una, deve risultare falsa l'altra.

Un esempio banale di informazioni immiscibili sono l'informazione di cosa dobbiamo fare e l'informazione di quello che ci piace fare e che vorremmo fare. È inutile dire che queste due informazioni spesso non vanno d'accordo.

La diversa posizione che assumono i liquidi nella spugna (che dipende dalle qualità del singolo liquido e da come viene a contatto con la spugna) è la diversa importanza che attribuiamo ad ogni informazione (questa importanza è a noi sconosciuta perché ogni informazione cerca di mostrarsi più importante delle altre).

Abbiamo immaginato che la spugna sia stata imbevuta da qualcun altro ed effettivamente siamo immersi in così tante informazioni che non siamo noi a selezionarle, ma vengono selezionate, secondo criteri a noi sconosciuti, dalla mente stessa (prova di ciò è il fatto che, volendo imparare la strofa di una poesia, non riusciamo ad impararla leggendola una sola volta, solo perché vogliamo farlo, ma dobbiamo inviare al nostro cervello più volte quella stessa informazione, fin quando esso non l'ha appresa).

Spremere la spugna significa iniziare un processo riflessivo che avrà come risultato una azione.

L'azione è il liquido che esce dalla spugna. (Logicamente, quest'ultima frase sembrerebbe voler dire che l'informazione è anche azione, ma dobbiamo, ovviamente, pensare al liquido che esce, non direttamente come all'azione, ma come all'informazione che vince tutte le altre e che verrà poi sfruttata per dedurre l'azione da compiere: se ad esempio esce il liquido-informazione che ci dice quello che dobbiamo fare e non quello che vorremmo fare, è ovvio che, in questa circostanza, faremo quello che dobbiamo fare; se invece uscisse prima l'altro, faremmo quello che ci piace fare.).

L'elasticità della spugna è il modo in cui ci serviamo delle informazioni.

A questo punto è abbastanza facile tradurre quanto detto prima:
Non siamo in grado di sapere che azione faremo perché 1) non sappiamo quali siano tutte le informazioni che la nostra mente ha selezionato, 2) non sappiamo quante sono le informazioni favorevoli ad una data azione e quante quelle sfavorevoli, 3) non conosciamo l'importanza attribuita ad ogni singola informazione, 4) non siamo in grado di conoscere come è cambiato il nostro modo di pensare perché non sappiamo quali informazioni lo hanno cambiato, 5) non conosciamo, in maniera dettagliata e complessiva, il modo di operare della nostra mente.

Tutto ciò ci conduce ad una sola conclusione: ogni nostra azione non è casuale, ma conseguenza di un ragionamento assai complesso a noi sconosciuto. È per questo che, a volte, anche noi stessi fatichiamo a darci una risposta sul perché di una nostra azione: perché ora che ce lo stiamo domandando, molto probabilmente, c'è almeno una informazione che vuole nascondere e sminuire l'importanza dell'informazione che ci ha condotto ad agire in quel modo.




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